venerdì 25 aprile 2025

“I NIMBY della Shoah”, ci chiama il Foglio

INIMBY DELLA SHOAH: 'FERMATE I LAVORI PER IL MUSEO"
LA BORGHESIA ROMANA DI VIA TORLONIA, SPAVENTATA DALLE SCRITTE PRO PAL, INVIA UN ESPOSTO AL CAPO DELLA POLIZIA: "SPOSTATE IL MONUMENTO"


Roma. "Fermare i lavori per la realizzazione del museo Shoah".
Non lo chiede un gruppo impazzito di antisemiti, un collettivo di stu-denti o pro Pal o qualche sigla neo nazista. Niente di tutto questo. An-zi. La richiesta arriva dall'alta e media borghesia illuminata di un pezzo della capitale, spaventata
dall'eventualità che la nuova strut-tura - un progetto che ha atteso oltre vent'anni per diventare real-ta - possa rendere il loro amato quartiere meno sicuro. Viviamo in uno "stato di incessante minaccia e allerta dall'apertura del cantie-re".
denunciano. Le preoccupazio-ni di questa piccola ma importante porzione di città infatti sono state riassunte all'interno di un esposto che lo scorso 8 marzo è stato invia-to al capo della polizia Vittorio Pi-sani, al questore di Roma Roberto Massucci e, per conoscenza, anche al comune. Sono i residenti di via Alessandro Torlonia, uno dei tre lati del cosiddetto triangolo verde, un'area signorile fatta di villette di pregio, alberi e sobrio lusso a po-chi passi da Villa Torlonia. Quella che fu la residenza di Benito Mussolini si appresta infatti a ospitare il museo per ricordare l'Olocausto.
Ma la memoria spaventa i bene-stanti residenti che invitano la pubblica sicurezza a fermare
il
cantiere e "rivalutare la localizza-zione in altra zona meno popola-. Sono insomma i nimby della Shoah. Ricordare? Assolutamente necessario, ma non sotto casa mia. perché, spiegano: "Dall'apertura del cantiere per la costruzione del museo sono accaduti alcuni eventi intimidatori che stanno compro-
mettendo in maniera significativa
la
sicurezza
dei
sottoscritti"
L'esposto è corredato da un centi-naio di firme. Professori universi-tari, dirigenti pubblici, avocati di grido e giornalisti. Tra loro c'è Augusto D'Agostino, già vicepresi-dente di Unicredit e oggi capo della gestione delle attività e della passivita di Cdp, l'editorialista
Il progetto del Museo della Shoah ha 20 anni, finalmente sono partiti i lavori (foto Ansa)
della Stampa Marcello Sorgi e sua moglie, la costituzionalista Anna Chimenti Caracciolo. C'è poi Fer-dinando Emanuele, avocato par-tner di uno dei più importanti stu-di legali della capitale, BonelliE-rede, la commercialista Delfina
Pricolo, che siede dentro il colle-g10 sindacale della partecipata
della regione, Lazio Crea, la diri-gente del Viminale Paola Nusca, ma anche lo scienziato dell'Esa Luca Conversi e la ballerina Gior-gia Calenda, nessun imparenta-mento pare con il leader di Azione
Carlo
Са-
lenda.
Nel do-cumento
vengono
elencate le
azioni
che
stanno spa-ventando i residenti.
Il
riferi-mento è so-prattutto a
una
serie
di "seritte, messagg1 di odio e
minacce" che sono apparse nella
via
dall'inizio
del cantiere.
Nell'esposto ne sono citate diver-
"Assassini, infami"
"Gaza
45.000 morti", "Fermare il Genoci-dio a Gaza". Scritte che, si legge nella missiva inviata al capo della polizia "con il tempo sono diventa-te sempre più frequenti e violen-te".
Tanto da portare gli abitanti di Via Torlonia anche a suggestionar-si un po': "Alcuni dei messaggi sembrano essere scritti con il san-gue", serivono nell'esposto prima di tornare alla realta e precisares
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Tra i firmatari dell'esposto avvocati, professori, dirigenti pubblici e giornalisti
sono spun-tate
altre
"in colore blu a favore dell'accele-razione dei lavori del museo in cui invitavano il sindaco a concludere il prima possibile i lavori". Insom-ma la paura è che il museo possa diventare l'arena per una versione teppista e capitolina del conflitto mediorientale. Visto quanto acca-duto lo scorso anno tra brigata ebraica e pro Pal il 25 aprile non sarebbe certo una novità. "La sola affissione del cartello del cantiere ha innescato un duro confronto tra
denunciano
quindi gli abitanti di Via Torlonia, finendo perfino per sentirsi discri-minati. Ricordano infatti che per ragioni di sicurezza è stato sposta-to dalla stessa zona l'asilo israelia-no: "Se è stato deciso di spostarlo vuol dire che è stato rilevato un pericolo per la sicurezza pubblica.
Se è così, non si comprende per-ché non si è fatto altro per tutelare la sicurezza di tutti gli altri cittadi-ni. Ravvisiamo una forte discrimi-nazione nella tutela: la sicurezza pubblica va tutelata in favore di chiunque, a prescindere dall'ap-partenenza a una comunità piutto-sto che a un'altra". Insomma per-ché i bambini ebrei sì e noi no? La paura arriva addirittura a far te-mere attentati. "Si temono atti ter-roristici che potrebbero danneg-giare il museo e gli edifici limitrofi che sono a una distanza ravvicina-tissima". E' questo, secondo i de-nuncianti, un punto cruciale. "Il museo - dicono - sara sempre un
obiettivo sensibile". Da persone
raftinate e che conoscono il mondo citano dunque quanto accadrebbe negli altri paesi per motivare la necessità di spostarlo: "A Berlino è stato realizzato al centro di una enorme piazza ben lontana dagli edifici, a Washington sorge sulle sponde del fiume Potomac, ben lontano dalla zona abitata, allo
stesso modo anche quello di Lon-dra è situato nella Zona di Waterloo al centro di un enorme terreno spianato".
Gianluca De Rosa

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