lunedì 26 aprile 2004

A Villa Torlonia il museo della Shoah

A Villa Torlonia il museo della Shoah
Sorgerà davanti la Casina delle Civette. Collaborerà anche Spielberg

di FRANCESCA FILIPPI
IL Messaggero 26 Aprile 2004

Nella grande tragedia dell'Olocausto c'è una Shoah non minore: quella romana. Furono 2091 gli ebrei della Capitale, uomini, donne, bambini e anziani, deportati nei campi di concentramento nazisti e solo 100 di essi sopravvissero e rientrarono in patria. A ricordo di questi martiri della ferocia umana e delle assurdità ideologiche, Roma vuole ora dedicare il Museo della Shoah.
Significativa la scelta del luogo: Villa Torlonia, residenza ufficiale di Mussolini, dove fra l'altro vi sono importanti testimonianze delle catacombe ebraiche, dopo quelle di Vigna Rondanini. Il complesso museale sorgerà, forse già nel 2006, nella zona antistante la Casa delle Civette. L'annuncio è stato dato ieri dal sindaco Veltroni, in occasione delle celebrazioni del 57° Anniversario della Liberazione.
«Si tratta di un luogo che ha un valore simbolico e un significato importante per la storia del martirio degli ebrei nella nostra città», ha detto il sindaco che ha ricordato il suo impegno per realizzare il museo già ai tempi in cui era vicepresidente del Consiglio, e spiegato il perché della scelta nella zona di Villa Torlonia. «Avevamo chiesto via Capo d'Africa - ha ricordato - ma con il presidente della Regione Lazio, Storace, non si è trovato l'accordo».
L'assessore capitolino al Patrimonio, Claudio Minelli, ha spiegato nel dettaglio il progetto nato dalla collaborazione con la comunità ebraica: «La concessione in corso prevede l'edificazione di 13.500 metri cubi. Il Comune ha acquistato l'area raggiungendo un accordo con la proprietà, la famiglia Violante. I nostri uffici sono già al lavoro per redigere la delibera che contiamo di portare in consiglio comunale entro maggio. Il nuovo museo avrà a disposizione oltre 2000 metri quadrati e la sua progettazione non comporterà modifiche al piano regolatore».
«Verrà bandito un concorso per scegliere il migliore architetto del mondo - ha aggiunto Veltroni - poi inizieranno i lavori. Entro l'estate anche Steven Spielberg sarà a Roma per lavorare al progetto. Da lui contiamo di avere il materiale della Shoah Foundation». Apprezzamento per la decisione è stato espresso da Leone Paserman, Riccardo Pacifici e Victor Magiar, rispettivamente presidente, portavoce e consigliere della comunità ebraica romana.
«Una scelta felice perché arricchirà uno dei più bei parchi di Roma» secondo Paserman, che con una sottile ma garbata polemica sullo stato attuale delle catacombe ebraiche ha detto: «Sono abbandonate e accessibili solo agli studiosi, nonostante il custode fosse la Santa Sede. Con l'ultima finanziaria, fortunatamente, sono stati stanziati fondi per il loro recupero». Poi Pacifici: «Il museo racconterà con documenti e foto la storia della Capitale dal 28 ottobre 1922 al 4 giugno 1944, giorno della liberazione di Roma. Oltre al nostro contributo sull'aspetto storico, ci sarà anche quello dei Musei della Shoah di Washington e Gerusalemme». Infine Magiar: «Nel museo si organizzeranno i viaggi della memoria nei campi di sterminio, ma anche in via Tasso, via Rasella e alle Fosse Ardeatine».

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Memoria e video per il Museo della Shoah
Tramontata l’ipotesi di via Capo d’Africa, sorgerà a Villa Torlonia. La «regia» affidata a Spielberg

di Alessandro Capponi dal Corriere della Sera del 26 Aprile 2004

Trovare il luogo non è stata cosa semplice, ma il risultato finale è altamente simbolico: ai margini di Villa Torlonia, già residenza privata di Benito Mussolini. Simbolico, anche il giorno dell’annuncio: ieri, 25 aprile. Il sindaco Veltroni ne ha parlato in piazza del Campidoglio, davanti a partigiani e politici del centrosinistra accorsi per celebrare la Liberazione: «Roma avrà il museo della Shoah, dedicato al 16 ottobre 1943, in ricordo della persecuzione». Accanto, il presidente della comunità ebraica Leone Paserman, che sorride. «Storace è rimasto scoperto a destra - dice - ha subito pressioni dalle frange ostili del partito». Si riferisce, Paserman, alla prima ipotesi formulata per il museo, via Capo d’Africa, tramontata dopo mesi di parole per la presenza di un centro sociale di destra, che la Regione non ha voluto spostare. Ora l’ostacolo è stato superato dal Campidoglio: «Nella zona dove sorgerà, doveva essere costruito un palazzo. Invece faremo un museo». Proprio dietro la Casina delle Civette, poco distante dalle catacombe ebraiche. Veltroni annuncia anche «tempi brevi e un grande architetto». Si fa il nome di James Ingo Freed, che ha già firmato quello di Washington, anche se la scelta passerà attraverso un concorso. La casa della memoria romana si avvarrà del contributo di Steven Spielberg: fornirà il materiale della Shoah Foundation, e «forse curerà anche la regia del museo». Perché quello che nascerà a Roma sarà «un’esperienza rinnovabile ogni volta. Sarà fatto di storie individuali - dice il portavoce della comunità Riccardo Pacifici - e non solo di persone di religione ebraica. Racconterà dei delatori, anche. E sarà un viaggio dal 1922 alla Liberazione». Soddisfatti tutti, dunque. Anche il sindaco Veltroni: con una mossa, trova due vittorie. Quella più evidente, «aver individuato una soluzione alternativa dopo le difficoltà incontrate su via Capo d’Africa, un posto che sembrava perfetto», e averla trovata proprio in un luogo che «era stata protagonista in negativo di quegli anni». Il secondo successo: quell’area è da anni al centro di un contenzioso, il cantiere che doveva far nascere il palazzo fu bloccato da una serie di ricorsi al Tar da parte degli abitanti. «L’area identificata – spiega l’assessore al Patrimonio Claudio Minelli - è quella antistante la Casa delle Civette. La concessione in corso prevede l’edificazione di 13.500 metri cubi».
«Lavorai al progetto del museo della Shoah romana anche quando ero vicepresidente del Consiglio - dice Veltroni - e credo fosse una follia non averlo, soprattutto per una città come questa, che in quegli anni terribili ha pagato un prezzo altissimo». E proprio per «gli oltre duemila deportati», Veltroni dice che «far nascere il museo è un dovere sacrosanto della città, e anche un desiderio». Così felice di averlo realizzato, Veltroni, da chiamare all’alba Leone Paserman, proprio nel giorno in cui la comunità ebraica doveva andare al voto: «In effetti mi ha chiamato in un orario insolito - conferma il presidente della comunità - ma il motivo era talmente bello che non posso rimproverarlo». Sorridono tutti, adesso. Nel giorno della Liberazione, «che fu la prima occasione per combattere che fu offerta agli ebrei romani». Adesso, un museo ricorderà tutto. Umiliazioni, lotta, delazioni e atti eroici. Storia di Roma, anche.