Alemanno in sinagoga
«Essere qui: un´esperienza unica»
di Rory Cappelli
Alemanno indossa la kippah
Il progetto Museo della Shoah va avanti. E la Fondazione vedrà nel cda il sindaco di Roma Gianni Alemanno (vicepresidente) e il suo predecessore Walter Veltroni (consigliere), che molto lavorò al progetto. Lo ha annunciato ieri proprio Alemanno nel corso della sua visita alla sinagoga capitolina.
Presidente della Fondazione sarà Leone Paserman e nel cda, insieme a Veltroni e a Renzo Gattegna, presidente dell´Ucei, siederà anche Riccardo Pacifici, presidente della comunità ebraica romana.
Alla visita in sinagoga, ieri pomeriggio, insieme ad Alemanno e a Maurizio Gasparri («Non potevo non venire»), hanno partecipato molti assessori comunali: Sveva Belviso (poliche sociali), Fabio De Lillo (ambiente), Alfredo Antoniozzi (casa), Sergio Marchi (mobilità), Enrico Cavallari (personale).
Daniela Di Castro, direttrice del museo ebraico, racconta al sindaco la storia della sinagoga; e mentre parla delle forme assiro-babilonesi dell´edificio, il rabbino capo Riccardo Di Segni ride ricordando come Federico Zeri definisse gli stilemi interni «assiro-frascatani». Finita la visita, Gasparri scappa via, e arriva il prefetto Carlo Mosca.
Si chiude all´interno con la giunta ebraica e quella comunale, insieme per discutere anche della neonata Fondazione (ufficialmente costituita mercoledì, con le firme dei documenti davanti a un notaio). Nel giardino, aspettando la fine dell´incontro per inaugurare la scultura donata dall´artista David Gerstein, arrivano gli ospiti. L´ambasciatore di Israele Gideon Meier, il portavoce del governo israeliano Avi Pazner, il presidente del Kkl Italia, Raffaele Sassun e l´onorevole Ricky Levi, ex sottosegretario nel governo Prodi: «Alemanno in sinagoga? Beh, è il sindaco di Roma: è corretto che sia qui. È un fatto che offre molti elementi di riflessione sul mondo che cambia», dice.
Arriva Alemanno, taglia il nastro, sorride. «Essere qui: un´esperienza unica», dice. Gira la voce che il Museo della Shoah non si farà più a Villa Torlonia ma a Forte Bravetta, caserma che, sotto il fascismo, fu adibita a luogo di esecuzione delle sentenze di morte del Tribunale speciale per la difesa dello Stato. Ma Alemanno è categorico: «Non mi risulta».
(La Repubblica Roma 04 luglio 2008)