È stato presentato alla fondazione Marco Besso il libro di Roberto Quintavalle, “Alessandro Torlonia e via Nomentana nell'Ottocento”, per i tipi di Edilazio.
Quintavalle, membro del Gruppo dei Romanisti, ed ormai riconosciuto uno dei maggiori e più documentati studiosi della storia di questo settore della Campagna Romana, ha concentrato in questo libro oltre un ventennio di ricerche di archivio, ripercorrendo le vicende proprietarie del territorio immediatamente al di fuori di Porta Pia.
Ne è venuto fuori l’affresco di una via Nomentana ben diversa dallo stradone trafficato che è oggi. Un tranquillo viottolo di campagna, fiancheggiato da ville patrizie, in parte adibite a orto, in parte disegnate a giardino, spesso aperte al pubblico.
Nel XIX secolo i banchieri Torlonia, parvenus francesi, scalano rapidamente l’aristocrazia romana, fiera delle sue tradizioni, ma a corto di soldi freschi. Nella loro villa suburbana danno grandi feste e lavoro a molti artisti, costruendo edifici riccamente ornati. L’impresa viene coronata dal trasporto di due obelischi di granito delle Alpi appositamente scolpiti.
Si tratta, a ben vedere, di un progetto di retroguardia. La Roma papalina sta morendo, e i Torlonia – che avrebbero potuto essere i Rotschild italiani - non riescono a fare il salto nell’alta finanza mondiale. La loro alleanza con la nobiltà terriera li porterà invece a essere coinvolti nella speculazione edilizia che sfigura, nei cento anni successivi a Porta Pia, la Campagna Romana. La magnifica collezione di arte antica in Trastevere viene sloggiata per fare posto a miniappartamenti, e per poco anche Villa Torlonia non viene lottizzata. L’antica magnificenza è lontana.
Oggi Villa Torlonia è minacciata dall’assurdo progetto di costruire il Museo della Shoah proprio in un terreno dietro la Casina delle Civette che per quarant’anni i Comitati di quartiere erano riusciti a salvare dalla speculazione edilizia. Cemento a fin di bene, ma pur sempre cemento, foriero di altro traffico.
L’assedio a Villa Torlonia non è ancora finito.
Quintavalle, membro del Gruppo dei Romanisti, ed ormai riconosciuto uno dei maggiori e più documentati studiosi della storia di questo settore della Campagna Romana, ha concentrato in questo libro oltre un ventennio di ricerche di archivio, ripercorrendo le vicende proprietarie del territorio immediatamente al di fuori di Porta Pia.
Ne è venuto fuori l’affresco di una via Nomentana ben diversa dallo stradone trafficato che è oggi. Un tranquillo viottolo di campagna, fiancheggiato da ville patrizie, in parte adibite a orto, in parte disegnate a giardino, spesso aperte al pubblico.
Nel XIX secolo i banchieri Torlonia, parvenus francesi, scalano rapidamente l’aristocrazia romana, fiera delle sue tradizioni, ma a corto di soldi freschi. Nella loro villa suburbana danno grandi feste e lavoro a molti artisti, costruendo edifici riccamente ornati. L’impresa viene coronata dal trasporto di due obelischi di granito delle Alpi appositamente scolpiti.
Si tratta, a ben vedere, di un progetto di retroguardia. La Roma papalina sta morendo, e i Torlonia – che avrebbero potuto essere i Rotschild italiani - non riescono a fare il salto nell’alta finanza mondiale. La loro alleanza con la nobiltà terriera li porterà invece a essere coinvolti nella speculazione edilizia che sfigura, nei cento anni successivi a Porta Pia, la Campagna Romana. La magnifica collezione di arte antica in Trastevere viene sloggiata per fare posto a miniappartamenti, e per poco anche Villa Torlonia non viene lottizzata. L’antica magnificenza è lontana.
Oggi Villa Torlonia è minacciata dall’assurdo progetto di costruire il Museo della Shoah proprio in un terreno dietro la Casina delle Civette che per quarant’anni i Comitati di quartiere erano riusciti a salvare dalla speculazione edilizia. Cemento a fin di bene, ma pur sempre cemento, foriero di altro traffico.
L’assedio a Villa Torlonia non è ancora finito.
Nessun commento:
Posta un commento